AMARCORD
09 Giugno 1992 | Il Primo caso acclarato di Razzismo nel Calcio Italiano: la Storia di Aron Winter
“Winter Raus!”. Con tanto si svastica.
E’ la scritta, dal significato inequivocabile, che il giovane Aron legge sui muri di recinzione all’uscita del centro sportivo di Tor di Quinto.
Winter in quegli anni è uno dei pezzi pregiati del mercato europeo. La Lazio lo ha appena acquistato dall’Ajax, anticipando la concorrenza dei club più blasonati d’Europa, ma questo interessa ben poco alla frangia più intransigente della curva nord laziale.
Per gli “Irriducibili” (si chiamano ancora così) Aron Winter ha tanti, troppi difetti. Innanzitutto è di colore, o come si dice nei modi più sbrigativi, “è un negro”; per giunta si chiama Aron, un tipico nome che tradisce evidenti origine ebraiche. Il fatto che sia cresciuto nelle giovanili di un club storicamente associato alle comunità ebraiche di Amsterdam è un ulteriore elemento “a suo sfavore”. Poco importa a questi fieri difensori della “superiorità della razza” se l’Ajax è la società che dagli anni settanta sforna campioni uno dopo l’altro.
Per il giovane Winter l’impatto con il calcio italiano è da doccia fredda. L’iniziale entusiasmo di approdare in quello che viene ancora definito il campionato più bello del mondo lascia spazio ad un palpabile disorientamento. A gettare ulteriore benzina sul fuoco c’è la dichiarazione, rilasciata ad una radio privata, di uno dei capi storici degli Irriducibili della Curva Nord: “la curva non darà pace a Winter finché non se ne sarà andato da Roma”.
La partenza è da incubo, ma Winter vede una luce in fondo al tunnel e decide di iniziare il suo cammino nel campionato italiano, sperando che la notte passi in fretta. Probabilmente qualcuno in società lo tiene all’oscuro delle deliranti telefonate minatorie che nel frattempo stanno intasando i centralini della società laziale.
Passano qualche giorno e la polemica monta oltremisura fino a giungere in Parlamento. Il caso sembra aver raggiunto un punto di nausea tale da provocare rigetto nell’opinione pubblica. Il parossismo dei primi giorni lascia spazio ad un’inverosimile calma piatta. Ma è solo fuoco che cova sotto la cenere, perchè arriva il momento fatidico in cui Winter deve fare l’esordio all’Olimpico davanti al suo nuovo pubblico. Ed è questo il giorno in cui accade l’impensabile e l’incomprensibile: dalla curva Nord, ogni volta che Winter tocca la palla partono dei sonori, quanto irritanti buuu.
L’atmosfera all’Olimpico è a dir poco grottesca. Winter accusa il colpo, ma tira dritto. Il tempo gli darà ragione. Partita dopo partita, anche il tifoso più stolto ed imbevuto di ideologie è “costretto” ad apprezzare le giocate eleganti ed efficaci di questo sconosciuto olandese, giunto a Roma come un “negro ed ebreo” e divenuto paradossalmente un vero e proprio idolo della tifoseria biancoceleste
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