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17 GIUGNO 1970 | Un Ricordo personale di ItaliaGermania4a3


di Roberto Corbo


Che notte quella notte!

ItaliaGermania4a3. Sì, va scritta e letta proprio così, tutta d’un fiato, perché quella non è una partita qualunque. ItaliaGermania4a3 è quasi un brand della storia del calcio italiano che oramai celebra quella vittoria quasi con la stessa enfasi della ricorrenza della marcia sul Piave del 24 maggio.

Tra i miei primi ricordi di eventi pubblici eccezionali c’è proprio quella partita. Il 17 giugno del ’70 ho da poco compiuto sei anni, ma sono già sufficientemente catechizzato al culto del calcio. Si gioca di notte ed io riesco a vincere la resistenza dei miei genitori che mi vorrebbero a letto già dopo Carosello. Seppur assonnato riesco a mantenere a livelli accettabili la mia attenzione su ciò che mi accade intorno.

Tutto il paese è in fibrillazione, divorato da un’attesa spasmodica. E’ dal trionfo  di Berruti alle Olimpiadi di Roma che gli italiani non si  misurano con l’eccitazione di un evento sportivo planetario.

Il miracolo economico degli anni ’60 ha portato un benessere diffuso in molte famiglie italiane. L’oggetto-simbolo di questa trasformazione economica e sociale è il televisore che è entrato  in quasi tutte le case. Tra quelle case c’è la nostra.

Ricordo come ieri la cura geometrica con la quale  mio padre, incurante dell’afa tipica di una notte di giugno, si affretta a posizionare le sedie in cucina, quasi a comporre uno schema tattico. Mio fratello versa dolorante su una sdraio a causa di una rovinosa caduta in bici. A quei tempi le estati si passavano in strada. Altro che playstation. Si giocava a pallone fino allo stremo. Si correva in bici su strade sdrucciolevoli e quando si tornava a casa feriti e malconci, fare i conti con le conseguenze fisiche di una caduta, era il minimo dei problemi.

Nella disposizione tattica disegnata da mio padre (1-3-1-1) c’è posto ovviamente anche per le quote rosa della famiglia. Quando ci sono i mondiali di calcio, la liturgia delle partite della Nazionale non è una esclusiva dei maschi: come dimenticare l’ingenuo pathos della mamma  e delle due sorelle, peraltro grandi tifose di Inter e Milan.

Io sono posizionato davanti a tutti, vicino al televisore. Ciò che può apparire un privilegio riservato al piccolo di casa, il realtà un privilegio non è perché nel 1970 non hanno ancora inventato il telecomando ed io ogni sera, nell’attesa che la tecnologia faccia il suo corso, assolvo a quella funzione. Per fortuna la RAI a quel tempo ha solo 2 canali.

Ci siamo. Tutti schierati davanti alla TV. Il nostro è un Telefunken. Chissà perché in un paese dove viaggiano quasi esclusivamente macchine italiane (leggi FIAT), per vedere la TV molto spesso ci si affida all’affidabilissima tecnologia tedesca.

Nessuno sa quanti siano in Italia coloro che possiedono un televisore a colori, ma la regia televisiva del Mundial con un’improbabile grafica in sovraimpressione alle immagini  tiene a farci sapere che la partita è trasmessa con il sistema PAL Color. Noi, pur di vedere sventolare la nostra bandiera, ci accontentiamo dei tre colori che ci mette a disposizione il nostro Telefunken: bianco, nero e grigio.

I collegamenti dal Messico sono sempre preceduti dalla colonna sonora di quei mondiali: I say a little prayer, una hit (come si direbbe oggi) di quel genio di Burt Bacharach.

Le immagini della partita arrivano sbiadite sui teleschermi degli italiani, ma è già un miracolo della tecnologia.  Con lo sbarco dell’uomo sulla luna, la RAI ha dato il via solo un anno prima all’avveniristica stagione delle trasmissioni via satellite.

Il colpo d’occhio dell’Atzeca di Città del Messico è impressionante. Uno stadio immenso, una cattedrale del calcio. Più di 100 mila spettatori assistono a quella che sarà consegnata alla storia del calcio come el Partido del siglo, come attesta una targa commemorativa che campeggia anche oggi sui muri di ingresso della stadio messicano.

Mentre le squadre stanno per entrare in campo, inizia la lettura delle formazioni. La voce di Nando Martellini rimbomba da una casa all’altra attraverso finestre e balconi spalancati per acciuffare il minimo alito di vento.

L’Italia schiera tra i pali il mitico Enrico Ricky Albertosi, la simpatica canaglia del calcio italiano. Un esempio di longevità sportiva, macchiato soltanto da quell’imperdonabile leggerezza commessa a fine carriera, quando si è fatto beccare con le mani nella marmellata del primo scandalo del calcio scommesse italiano.

In difesa, i mastini Burnich e Rosato affiancano il capitano Giacinto Facchetti, un airone elegante e sobrio, dentro e fuori dal campo. Poi ci sono quelli del blocco dello scudetto del Cagliari: Cera, Poletti, Domenghini e, dulcis in fundo, Rombo di tuono, al secolo Gigi Riva. Il suo gol del temporaneo  3-2 è da manuale del bomber. C’è tutto: controllo, preparazione e precisione. La Gillette utilizzerà in un suo spot le immagini di quel gol per esaltare la perfezione della “tripla azione” del nuovo rasoio.

Al fianco di Riva corre e lotta il grande Bonimba Roberto Boninsegna. Ha una buona tecnica, ma anche un fisico da boxer e quindi non è uno che le manda a dire. E’ suo il gol che apre il festival delle emozioni di questa indimenticabile partita.

ItaliaGermania4a3 è anche sinonimo di staffetta. Mazzola e Rivera, sono i mostri sacri del calcio italiano degli anni ‘70. Tutta Italia sogna di vederli giocare insieme, ma il Commissario Tecnico Ferruccio Valcareggi non ne vuole sapere. Giustamente preoccupato per gli equilibri del centrocampo preferisce affidarsi alle coperture e al lavoro oscuro del motore diesel Picchio De Sisti, per cui la soluzione dell’alternanza tra i due fuoriclasse è l’unica plausibile.

I suoni virili che emette la voce di Martellini durante la lettura  della formazione tedesca è roba da far tremare i polsi: Seeler, Loehr, Overath, Grabowsky sono – tanto per dire –  i meno conosciuti. Tra i pali c’è uno dei più forti portieri dell’epoca, Sepp Maier. Un armadio a tre ante con delle mani grandi quanto i badili. Nelle file tedesche trottano due brevilinei: uno che in difesa ringhia come un doberman ed è Berti Vogts; l’altro imperversa nelle aree avversarie ed è quella volpe di Gerd Muller.

In difesa c’è un panzer dallo sguardo glaciale di nome Schnellinger. I tifosi rossoneri lo conoscono bene perché è uno di quelli che ha contribuito alle fortune del grande del Milan di Nereo Rocco. Quando durante i minuti di recupero segna il gol di un insperato pareggio sono in molti a promettergli vendetta al ritorno in Italia. Tra questi c’è anche il mio vicino di casa che fuori di senno gli vomita addosso una caterva di ingiurie irripetibili ed improbabili minacce.

E poi c’è lui, il capitano con la classe del generale: Franz Beckenbauer, detto il Kaiser. Un fuoriclasse come pochi, efficace ed altero anche quando è costretto a giocare con un braccio fasciato attaccato al corpo a causa di una lussazione della spalla provocata da uno scontro di gioco con Cera.

Quello che è successo in quegli ultimi minuti è storia nota. Rivera, che nel frattempo è subentrato a Mazzola, si fa perdonare lo svarione sul momentaneo 3-3 dei tedeschi, infilando Maier con un piattone destro in contropiede.

4-3. L’Italia è in finale con il Brasile.

In preda ad un autentico delirio, tutto il paese a notte fonda si riversa per le strade a festeggiare. Scene di esultanza collettiva che in Italia non si vedevano dalla fine della guerra anche perchè la vittoria contro i tedeschi non è solo un trionfo sportivo.

E’  la catarsi di un’intera generazione, quella del dopo guerra, che per la prima volta ha potuto  scrollarsi di dosso tutta la frustrazione di una sudditanza storica.

TABELLINO

Italia-Germania Ovest 4-3
Reti: 8’ Boninsegna, 90’ Schnellinger, 94’ G. Müller, 98’ Burgnich, 104’ Riva, 110’ G. Müller, 111’ Rivera
Italia: Albertosi, Burgnich, Facchetti, M. Bertini, Rosato (91’ Poletti), Cera, Domenghini, A. Mazzola (46’ Rivera), Boninsegna, De Sisti, Riva. Ct: F. Valcareggi.
Germania Ovest: Maier, Vogts, Patzke (65’ Held), Beckenbauer, Schnellinger, Schulz, Grabowski, Seeler, G. Müller, Overath, Löhr (51’ Libuda). Ct: H. Schön.
Arbitro: Yamasaki (Messico).

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