AMARCORD
13 Gennaio | TANTI AUGURI: Marco Osio, l’unico Italiano in Brasile
“Che facciamo, Federica. Andiamo?”. Ottobre 1995: aveva 29 anni allora. Era di fronte a un bivio: Marco Osio, anconetano di nascita ma torinese di adozione, non sapeva che sarebbe entrato nella storia del calcio. La domanda a quella che sarebbe diventata la mamma di suo figlio Edoardo non era così semplice: andiamo in Brasile, o restiamo in Italia? Scelse la prima. Destinazione San Paolo: ad aspettarlo era il Palmeiras. “Sono tanti i brasiliani a essere venuti qui in Italia, io sono stato l’unico ad aver preso l’altra direzione”. Ostinata e contraria, direbbe De André. Ma esperienza migliore, forse, non poteva capitargli.
Italia-Brasile, viaggio sola andata. Per finire in una squadra fondata da italiani. “Ero al Toro”, ricorda a Gianlucadimarzio.com. Si trattava della sua seconda volta in granata, dopo esservi cresciuto nelle giovanili e avere esordito in prima squadra nel 1983. Sognava di diventare come Zaccarelli: entrambi marchigiani, entrambi centrocampisti. “Ero infortunato da un anno, non esisteva ancora lo svincolo (la sentenza Bosman sarebbe arrivata qualche mese dopo, ndr) e dovetti litigare per ottenere la rescissione. Quindi tornai a Parma”, l’altro suo grande amore oltre al Toro. Ci aveva giocato dall’87 al ‘93: la sua seconda casa. “Mi allenai con i Crociati di Collecchio, la seconda squadra di Tanzi. Il Palmeiras era sponsorizzato dalla Parmalat, era già autunno e si era liberato un posto e mi venne fatta la proposta. Decisi di accettare e finii in una squadra fortissima: Veloso in porta, Cafu, Rivaldo, Flavio Conceição, Müller, un ex Toro che mi ha aiutato subito a diventare parte del gruppo”.
Perché non è mai facile cambiare così tanto. “Il primo allenatore che trovai lì, Alberto Carlos, fece capire di non essere contento del mio arrivo. Sperava in Dino Baggio. Poi lo esonerarono e arrivò Luxemburgo, un carattere tutto particolare. Era di Rio, un bel carioca… Le cose cambiarono molto”. 20 partite in totale e un gol: in un anno è andata bene, ma c’era un bambino in arrivo e la scelta, soprattutto della madre, fu quella di rientrare in Italia.
Del Brasile, allenatore a parte, Osio non dimentica soprattutto l’accoglienza. Che non si aspettava: “La prima cosa che mi capitò fu un churrasco (grigliata mista, ndr) organizzata da Cafu. Parteciparono in tanti. I tifosi del Palmeiras poi conoscevano l’italiano, hanno cercato di farmi sentire a casa. Poi, diciamocelo: i calciatori sono dei privilegiati. Ovunque vadano, trovano sempre il modo di stare bene. Ma chi pensa di andare lì semplicemente per guadagnare lo stipendio, è proprio fuori strada. Il livello è alto, si vive di calcio”.
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