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Nel suo libro Ciotti s’era divertito a offrire ai lettori alcune chicche. Una era la scelta di quello che lui considerava, «almeno dal punto di vista strettamente tecnico, il più grande calciatore italiano di tutti i tempi». Gino Capello, centravanti del Bologna nella seconda metà degli anni ’40. Un’altra chicca era il testo integrale di una canzone demenziale, «Veronica», scritta a sei mani con Dario Fo ed Enzo Jannacci. Una terza chicca era rappresentata dalle classifiche assolutamente personali di cantanti, musicisti e attori, capeggiate da Frank Sinatra, Duke Ellington e Gigi Proietti. E ancora lo scherzoso accostamento ai sette peccati capitali di altrettanti personaggi del calcio, dalla superbia di Sacchi all’avarizia di Helenio Herrera e dall’ira di Mazzone alla lussuria di Gascoigne.

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Definiva la radiocronaca «un esercizio che rimane più alto della telecronaca. E’ come una splendida amante che però va rispettata come se fosse una moglie. Un esaltante modo di comunicare, in diretta, a milioni di ascoltatori che pendono dalle tue labbra. Ma obbliga a un’attenzione feroce».

La voce rauca di Sandro mancherà ai milioni di ascoltatori che attraverso gli anni avevano imparato a conoscere e apprezzare la sua ironia e la sua competenza, le sue espressioni (come «terzino fluidificante» o «stadio ai limiti della capienza»), la sua arguzia e la sua signorilità, mescolate a una professionalità esemplare.

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