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I DERBY DEL MONDO

I DERBY DEL MONDO | di Roberto Corbo | Puntata n°05: BELGRADO

BELGRADO

Articolo di Roberto Corbo

A Belgrado lo chiamano il Večiti derbi, il derby eterno. Altri lo descrivono come la partita più cattiva del pianeta. L’affermazione sembra esagerata ma la storia di questa rivalità racconta di una perenne lotta tra due mondi opposti ed inconciliabili che si fronteggiano, nel vero senso della parola, non solo nel calcio, ma anche nel basket, che forse in Serbia conta più del calcio, e nella pallanuoto.

Ma andiamo per ordine. Stella Rossa e Partizan nascono entrambe nel 1945.

La Crvena Zvezda, fu fondata da gruppi organizzati della gioventù universitaria che incarnavano l’anima popolare e nazionalista della città. Il Partizan era la polisportiva dell’esercito e pertanto espressione di uno dei più importanti ed ingombranti apparati dello Stato.

Oggi i due club di Belgrado sono un’altra cosa; tutto il calcio serbo è un’altra cosa. La Superliga è declinata tra i campionati più poveri del continente al punto da indurre, nel 2016, il sindacato mondiale dei calciatori a mettere in guardia i propri associati dalle reiterate insolvenze delle società serbe verso i loro dipendenti, calciatori compresi.

Sono lontani i tempi in cui il calcio serbo era il fiore all’occhiello del football europeo. Se dopo la scissione delle leghe delle altre ex repubbliche jugoslave, Croazia in primis, il basket e la pallanuoto serba hanno retto il colpo mantenendosi su punte di eccellenza, la stessa cosa non può dirsi per l’intero movimento calcistico serbo.

Il big bang del calcio balcanico ha costretto le squadre serbe ad un isolamento entro i confini di un campionato oramai sceso in terza fascia.  Da quando è nata la Superliga la conquista del titolo di campione della Serbia è diventato un affare esclusivo tra Stella Rossa e Partizan e questa cattività forzata sembra aver gettato ulteriore benzina sul fuoco di un derby da tempo sotto la lente d’ingrandimento dell’opinione pubblica e degli osservatori internazionali per le sue note “intemperanze”.

La guerra dei Balcani ha germinato un fitto intreccio tra sport, politica ed enclave paramilitari, provocando il cortocircuito di una sfida storicamente incandescente. Da questo punto di vista l’ultimo decennio del secolo scorso sono stati un’autentica follia. Sono anni in cui allo stadio si respirava un’aria di inquietudine diffusa che non risparmiava nessuno, neanche i protagonisti in campo che avvertivano una sensazione di impotenza e di inutilità rispetto a ciò che accadeva sulle tribune. L’apice di questa surreale stortura venne raggiunto il 22 marzo del 1992 quando durate il derby, sulle tribune del Marakana, lo stadio della Stella Rossa, fece il suo ingresso Željko Ražnatović, noto alla storia come Arkan, capo supremo delle Tigri, le milizie paramilitari artefici della pulizia etnica durante la recente guerra civile. Per la prima volta nella storia del Večiti derbi le tifoserie organizzate di entrambe le squadre, da sempre in conflitto, alla vista di alcuni striscioni che celebravano la recente conquista di Vuckovar, si lasciarono andare ad una fragorosa ovazione simultanea e cori univoci inneggianti al massacro di civili di quella tragica pagina della storia.

Per fortuna, Arkan e tutti i protagonisti di quell’abominio non ci sono più ma quegli anni tormentati hanno immediatamente presentato la prima cambiale in scadenza. La generazione uscita dalle macerie di quella guerra, cresciuta senza prospettive negli anni delle sanzioni UE, ha colmato quel vuoto di potere creatosi nelle gerarchie della tifoseria organizzata della Crvena Zveda e del Partizan. Sono giovani leader che grazie al loro carisma fanno il buono e cattivo tempo alla guida di gruppi strutturati di adepti pronti a tutto. Gente il più delle volte compromessa con il malaffare che, anche allo stadio, non teme di uscire dai binari della legalità, rendendosi spesso protagonista anche di violente risse fratricide: la curva pur sempre è il luogo dove si possono regolare i conti in sospeso e si lotta per la supremazia.

Se nelle pieghe del mondo degli ultras la situazione è quella che è, il resto della tifoseria non sembra essere totalmente immune dal contagio di un’esasperazione che spesso supera il limite del lecito. Forse in nessun derby più che a Belgrado, la propria identità e il senso di appartenenza si legittimano e si rafforzano esibendo tutta la propria ostilità contro il “nemico”. Chi nasce in una famiglia dove si tifa Partizan o Crvena Zveda non eredita solo una passione per la propria squadra, riceve un vero e proprio imprinting che lo marchierà a fuoco. Chi è dall’altra parte merita disprezzo: per un tifoso del Partizan è normale apostrofare un supporter della Stella Rossa come uno sprezzante “cigano”, (zingaro), per via delle origini rom di molti di loro. Dall’altra parte gli epiteti nei confronti degli avversari non sono certo teneri: quelli del Partizan sono i “grobari” (becchini), soprannome affibbiato dai tifosi della Stella Rossa negli anni ’70 quando il Partizan indossava delle divise nere.

Da tutto ciò ne deriva che il Večiti derbi sia vissuto sempre in un clima di perenne fibrillazione. Ogni edizione replica il copione delle precedenti. Fuori e dentro lo stadio, prima, durante e dopo la partita accade tutto ed il contrario di tutto. I tafferugli sono una prassi, nonostante il massiccio dispiegamento di forze di polizia. Torce e fumogeni infiammano le tribune come in un girone dantesco, molto spesso costringendo all’interruzione temporanea della partita. La bolgia dei cori e degli incitamenti è indescrivibile. Ogni gol provoca una scossa tellurica e lo stadio sembra sul punto di crollare.

E se dopo un Veciti derbi di calcio rimane qualche conto in sospeso c’è sempre quello del basket o della pallanuoto a fornire l’occasione per una rivincita. Che sia un palazzetto o una piscina, il clima infernale non cambia di una virgola: stesso pathos, stesse coreografie e purtroppo, stesse intemperanze e stesse intimidazioni.

Ne sanno qualcosa i giocatori del Košarkaški Klub Partizan del basket, i quali dopo aver vinto il derby della finale di Coppa di Lega Serba, non hanno avuto la soddisfazione di sollevare quel trofeo che nel frattempo un manipolo di ultrà della Stella Rossa avevano trafugato.

Insomma, definirlo il derby più cattivo del mondo non è poi così esagerato.

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