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25 Aprile | Tanti Auguri Roccia | Tarcisio Burnich, il numero 2 della Grande Inter

Palermo, uno scudetto con la Juve, i Trionfi con la Grande Inter, il Gol nella Partita del Secolo e lo scatto Epico


TARCISIO BURNICH

Da nord a sud, andata e ritorno. La sua carriera è stata un continuo saliscendi. Lui, friulano doc, taciturno, serio, arcigno, durissimo. Chiedere ai centravanti avversari, che ogni volta finivano tra le sue grinfie. Sboccia a Udine, veste il bianconero della Juventus, dove assapora il gusto della vittoria. Scende a Palermo, un’altra stagione, per poi tornare su, a Milano, con l’Inter, dove si consacra come uno dei più forti marcatori di sempre del calcio italiano.
Con i nerazzurri vince tutto, in Italia e nel mondo, per poi scendere di nuovo e diventare leader nel Napoli di Vinicio che sfiora lo scudetto.
In nazionale 66 presenze condite da 2 gol, di cui uno ce lo ricordiamo tutti, perché è quello del momentaneo 2-2 nella “Partita del secolo”, Italia-Germania 4-3.

Un uomo tutto d’un pezzo, gran lavoratore, taciturno ma niente affatto musone, onesto come usava ai tempi andati, innamorato del calcio, dal quale ha avuto tutto, ma al quale molto ha dato. E’ sua, e di un altro furlan, Ezio Pascutti, una delle foto più famose degli ultimi vent’anni: quel volo a due per colpire di testa il pallone. Arrivò… primo Ezio e fu gol, un gol strepitoso, memorabile, eternato dall’estro fortunato di un fotoreporter abile e svelto come i due campioni.

A chi gli chiese cosa ne pensasse di quel famoso gol, lui, tutto serio e compunto, rispose: «Eh, sì, Pascutti me l’ha fatta. Pensa: io avevo capito che il cross sarebbe piovuto dalle nostre parti e siccome Ezio lo conosco bene, mi sono buttato in tuffo prima di lui, per anticiparlo. Sono in volo e intravvedo un fulmine che mi sfreccia… sotto, sento lo splash della pelata di Ezio che incoccia il cuoio del pallone, gol. Ero scattato per primo, sono arrivato secondo… Un gol così poteva segnarlo soltanto un campione come Ezio. In fondo, mi ha fatto perfino piacere che gli sia riuscita una prodezza del genere».

Burgnich, da giocatore, era fatto così. Inesorabile nei controllo dell’uomo, leale e cavalleresco nel riconoscere le piccole sconfitte che in una partita doveva, fatalmente, conoscere anche un asso come lui.

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