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La perfetta aderenza tra Alan Shearer e l’idealtipo di English centre-forward è dimostrata dalla sua carriera con la nazionale più affascinante e sfigata di sempre. Nemmeno lo stesso Shearer, nella sua autobiografia, riesce a spiegarsi il perché di questa assoluta incapacità di far fruttare il grande talento dei calciatori inglesi quando questi lasciano i club e vanno a giocare con indosso la maglia bianca e i Tre Leoni: «Abbiamo avuto così tanti ottimi giocatori in Nazionale, eppure non siamo riusciti a vincere niente di importante dopo il Mondiale del 1966. È davvero un mistero». Shearer attraversa quattro ct (Taylor, Venables, Hoddle e Keegan) e mille ere geologiche della nazionale inglese e dell’Europa calcistica: esordisce (ovviamente con gol) a Wembley in un 2-0 alla Francia allenata da Platini, poi torna in campo per un’amichevole contro la Csi, che nello sport sostituisce momentaneamente l’Urss in disfacimento. Gioca una sola partita di Euro 92, ma è titolare quando l’Olanda sbatte fuori l’Inghilterra da Usa 94. Segna 5 gol nell’Europeo casalingo di due anni dopo, la rete d’apertura del Mondiale inglese del 1998 e pure quella dell’ennesima rivincita contro la Germania, 1-0 ad Euro 2000. Quella manifestazione rappresenta ancora oggi uno dei punti più bassi nella storia di entrambe le selezioni, eliminate nel primo turno da Romania e Portogallo.

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