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06 OTTOBRE | Tanti Auguri Kenneth Anderson! Lo Svedese Volante, spalla ideale di ogni attaccante


La Svezia calcistica pre-Larsson e Ibrahimovic è popolata di grandi e grossi ragazzoni dai capelli biondi, forti fisicamente e dal grande cuore: uno dei più noti esponenti di questa tradizione scandinava è sicuramente Kennet Andersson da Eskilstuna, centravanti vecchia maniera, alto e magro, imbattibile nel gioco aereo, ma con qualche carenza in tecnica e velocità. Era il compagno di reparto ideale, tanto che anni dopo giocatori come Igor Protti e Roberto Baggio, che gli giocarono a fianco in Bari e Bologna, ammisero di aver realizzato più di venti gol in campionato proprio grazie allo svedese. Andersson era infatti senza alcun dubbio il re delle sponde e degli assist volanti.

L’AMANTE DEI COLPI DI TESTA – Nato nel 1967 nella Svezia meridionale, a 110 km da Stoccolma, cresce in una famiglia di atleti: sin da piccolo mette in mostra un fisico invidiabile, capelli color oro, faccia da buono su quelli che poi diventeranno più di 190 centimetri di muscoli. La madre di Andersson fu per lungo tempo nazionale di atletica leggera, così come anche i fratelli. Kennet no, a Kennet piaceva il calcio: amante dei salti, dotato di una grande elevazione, si dilettava nel colpire il pallone di testa. Comincia a giocare nella squadra della sua città, ma ben presto, a 21 anni, viene notato da quella che allora era il club migliore di Svezia, l’IFK Goteborg, con cui si prenderà la scena nazionale e internazionale: con 13 gol in 16 partite si rivela assoluto protagonista della vittoria del titolo dei bianco-blu.

DAL MONDIALE USA 1994 AL BARI – Se lo aggiudica una squadra belga, il Malines, in cui però non brilla nei due anni di militanza, tanto che a metà della seconda stagione torna in patria, al Norrköping, club in cui riesplode, realizzando 8 gol in 13 partite. Nel 1993 va in Francia, dove gioca prima per il Lille e poi per il Caen: due buone stagioni nel campionato transalpino gli valgono la chiamata in Nazionale, per il Mondiale negli Usa, annus domini 1994. E’ il momento decisivo della carriera di Andersson: la Svezia disputa infatti un gran Mondiale, nel quale Kennet segna un gol ai futuri campioni del mondo del Brasile, durante il girone iniziale, una doppietta all’Arabia Saudita negli ottavi, un’altra rete alla Romania nei quarti, prima che gli scandinavi vengano eliminati in semifinale, di nuovo dalla Selecao. Ma non è finita qui: Andersson segna ancora, nel 4-0 con cui la Svezia sconfigge la Bulgaria e si prende il terzo posto iridato. La fantastica estate del biondo centravanti non passa certo inosservata, tanto che il Bari se lo aggiudica, nel momento in cui il campionato italiano era il migliore al mondo.

DA PROTTI A ROBERTO BAGGIO – I Galletti sembrano essere la vera rivelazione della stagione della massima serie italiana: Andersson gioca al fianco di compagni del calibro di Protti, Ventola, Guerrero e Pedone, realizzando la bellezza di 12 reti in campionato e contribuendo alla conquista del titolo di capocannoniere da parte dello Zar Igor, che segna ben 24 gol. Nonostante ciò, il Bari retrocede ed è costretto a cederlo al Bologna, dove trova l’ormai compianto connazionale Klas Ingesson. All’ombra delle due torri, il gigante continua la sua crescita: 8 centri la prima stagione, poi nella seconda arriva a fargli compagnia là davanti un certo Roberto Baggio. Insieme formano un tandem fantastico: il Divin Codino realizza 22 gol, molti su assist del biondo svedese, che riesce comunque ad andare in rete per 12 volte. Inizia l’epoca europea dei felsinei: con Mazzone allenatore, conquisteranno la vittoria dell’Intertoto e arriveranno fino alle semifinali di Coppa Uefa. 

BASTA USARE LA TESTA! – E’ l’inizio del Canto del Cigno per Andersson: la Lazio lo acquista, ma in biancoceleste gioca solo sei volte, conquistando comunque uno scudetto. Nemmeno il ritorno a Bologna lo rilancia: chiude la carriera tra Turchia, con la maglia del Fenerbahce, e Svezia, al Garda, prima del definitivo ritiro. E oggi? Dopo un paio di anni in cabina di commento, ironia della sorte utilizza ancora la testa per lavorare, come quando svettava per fornire sponde e realizzare reti: svolge infatti il mestiere di “mental coach”, ideale per chi sa usare al meglio la testa. Kennet, in questo, è sempre stato una garanzia. 

[fonte: calciomercato.com]

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